Pandemia, guerra, alta inflazione hanno causato in tutti i paesi una preoccupante crisi finanziaria e messo in difficoltà gli investitori che si sono ritrovati a fare bilanci con forti perdite.
Per difendere i capitali è partita la corsa per trovare asset non tradizionali, che consentano di limitare le perdite e, magari, offrano rendimenti positivi.
La risposta è stata un ripiegamento verso forme di collocamento, momentaneamente accantonate, che hanno ripreso vigore negli ultimi mesi.
Il ritorno degli alternativi
Con le borse in difficoltà e i tassi a livelli mai più toccati da circa 15 anni, i professionisti stanno riscoprendo forme di investimento, cosiddette ‘alternative’, in quanto diverse dalle forme più convenzionali al fine di diversificare e ottimizzare il profilo di rischio e rendimento del portafoglio.
La definizione è molto ampia, potremmo indicare come una forma di diversificazione ed ottimizzazione del profilo di rischio/rendimento di un portafoglio, una qualsiasi forma di asset finanziario, che non rientra nelle categorie degli investimenti tradizionali come le azioni, le obbligazioni o i fondi comuni.
Scendendo più nello specifico, la categoria ‘Alternativi, comprende diverse tipologie di strumenti, tra i quali Private Equity, Hedge Fund, Venture Capital, Private Debt, Fondi di Investimento Alternativi (FIA) e, infine, investimento in asset reali fino all’immobiliare.
L’interesse crescente verso questa tipologia è stato già evidenziato da studi e indagini effettuate da società di investimento, interessate a comprendere e anticipare i mutamenti del mercati: l’opinione condivisa è che nei prossimi anni, a partire dal 2022 fino a tutto il 2024, gli investimenti alternativi aumenteranno la loro presenza nei portafogli dal 14 al 19% del totale.
Diversificare
Gli strumenti alternativi sono considerati il modo migliore per diversificare il portafoglio e ridurre il rischio e più l’economia rallenta, tanto più gli alternativi prendono slancio.
Soprattutto gli investitori istituzionali, allarmati dagli scossoni degli ultimi mesi, prestano attenzione alla gestione del rischio e agli aspetti di governance.
Molto concretamente, il timore che si possa ripetere la crisi globale dei mercati verificatasi il 15 settembre 2008 dopo il crac della Lehman Brothers, quarta banca d’affari degli Usa, rappresenta una delle principali motivazione del ritorno agli investimenti alternativi.
Una diversificazione eseguita con accortezza può limitare le perdite nei periodi negativi. Anzi, l’investimento ad alto rendimento si può concretizzare, però ha dei presupposti: la ricerca e l’analisi di bilanci e prospettive di società, prima che si realizzino operazioni di investimento, con l’obiettivo di individuare società che abbiano notevoli potenzialità di crescita, investendo in anticipo rispetto ai trend di crescita previsti.
L’analisi degli esperti
in una fase in cui la quasi totalità dei gestori ha chiuso il 2022 con perdite in media del 15%, si mette in evidenza chi è professionalmente capace di gestire i flussi, chi compra titoli e ne vende altri nello stesso momento, riuscendo a portare a casa risultati comunque positivi.
Se ne è parlato a Roma il 25 gennaio ore 17,00 al convegno “Il ritorno degli alternativi – Strategie Liquid Alternatives & fattori ESG” organizzato da Parus Finance, gestore di investimenti indipendente con sede a Londra.
Hanno partecipato ai lavori esperti internazionali della finanza e rappresentanti di enti previdenziali italiani, particolarmente interessati alla gestione dei fondi loro affidati.
Parus Finance, gestore di investimenti indipendente con sede a Londra, crede nella riscossa degli alternativi e, anche in Italia, si sta muovendo per far conoscere la sua strategia Global Long Short Equity, un modello di successo che ha riportato un rendimento ventennale significativamente superiore ai mercati azionari.
“Siamo in una fase economica che non si vedeva da molti decenni – ha dichiarato Marc Chatin, Partner e Portfolio Manager di Parus Finance – e questo è un mercato entusiasmante per la nostra strategia”
“È basilare determinare il vero valore di un’azienda piuttosto che preoccuparsi dell’andamento dei prezzi delle azioni – ha spiegato Marc Chatin – La mia esperienza con i cicli economici precedenti mi ha insegnato che a lungo termine lavorare in modo indipendente sui fondamentali paga di più che cercare di rispondere alle tendenze”.
Per ridurre al minimo il rischio di perdite e riuscire a guadagnare anche nelle fasi negative dei mercati, la componente necessaria ed indispensabile è la professionalità, la capacità, in altre parole, di comprendere i bilanci e soprattutto di individuare potenzialità e cogliere occasioni.
Solo una grande professionalità può gestire il rischio e consentire di realizzare margini interessanti. La strategia di Parus è cogliere grandi opportunità in anticipo. Questo dettagliato processo di ricerca le consente di individuare le società con bilanci deboli e di venderle allo scoperto prima del calo dei prezzi delle azioni, elemento che si è rivelato molto utile nei momenti di debolezza del mercato azionario.
Risultati in controtendenza
Parus è molto conosciuta ed apprezzata per il suo track record nelle cosidette vendite allo scoperto, un elemento di differenziazione che pochi gestori sono stati in grado di dimostrare.
Nella sua storia, Parus ha dimostrato di possedere il massimo livello di competenza nell’identificare le tendenze in anticipo rispetto al mercato più ampio.
Ha fatto il suo ingresso in molte società di qualità ben prima che venissero apprezzate a livello generale, come Google nel 2004, Facebook nell’ottobre 2012 e Tesla nel maggio 2013.
Ha inoltre individuato le società destinate a registrare performance negative, tra cui molte prima della crisi finanziaria globale, dell’epidemia di Covid e del 2022, proteggendo il portafoglio in tutti questi periodi.
Parus è nota per aver generato forti rendimenti durante la crisi del 2008, shortando i subprime negli Stati Uniti ed anche società finanziarie e immobiliari statunitensi.
Parus Finance è stata inoltre in grado di limitare le perdite in anni molto difficili, come il -9% del 2008, quando il mercato era in calo del 45% o il +3,5% dell’anno scorso, quando l’MSCI world (indice del mercato azionario a livello globale) era in calo del 19.5%, grazie al contributo del portafoglio short e la strategia di investimento flessibile.
La novità dei criteri ESG
La strategia azionaria long-short di Parus Finance, presenta un altro vantaggio, ovvero la capacità di includere i criteri ESG nel processo di investimento, attività di certo non semplice in special modo nelle strategie macro. Ma per Parus Finance è determinante allineare la propria strategia con i fattori ESG anche per una massimizzazione congiunta dei rendimenti e degli obiettivi ESG.
È possibile investire in società specifiche con buone performance secondo i criteri ESG, vendere quelle che non lo sono e impegnarsi con i team di gestione delle società per spingerle a migliorare.
Parus Finance vede ancora molte incoerenze nell’applicazione dell’ESG in tutto il settore e ha sviluppato un proprio processo interno per risolvere questo problema.
In Italia
Prometeia, società di analisi e di consulenza, ha svolto un’indagine sul mercato italiano, prendendo in considerazione 89 fondazioni bancarie italiane, con un patrimonio complessivo amministrato di 60 miliardi di euro.
La ricerca evidenzia il cambiamento, sia pure lento, delle strategie adottate dalle fondazioni e la progressiva apertura lentamente agli investimenti alternativi.
In questo contesto viene comunque confermato l’approccio tradizionale delle società italiane, che preferenziano sempre gli asset gestiti in via diretta, che costituiscono il 72% degli attivi.
Negli Usa
Gli investitori più aperti a convergere verso gli strumenti alternativi, sono quelli statunitensi, che prevedono di aumentare di 3-4 punti percentuali
la quota del portafoglio a favore del private equity.
La previsione è ugualmente in aumento in Europa e in Giappone, anche se in termini inferiori, rispettivamente di uno e due punti percentuali.
Stesso andamento per gli hedge fund, le cui quote sono previste in aumento ovunque, ma che restano molto più diffusi nel mercato nordamericano.
Grande interesse, infine, verso il settore immobiliare, per il quale è previsto un aumento generalizzato.